Sketchbook #1 Cordoba, un Uomo

(matite e carboncino su carta)

Quando ho viaggiato, non ho soltanto scritto. Qui ero a Cordoba, in Andalusia.

Dov’è Cordova, direte? Negli occhi, nei miei, forse.

Ho scoperto di essere una creatura creatrice, proteiforme, e in che misura capace in termini di bellezza. Queste creature, realizzate con queste mani, oggi chiedono ancora di vivere. Queste mani hanno ancora colore.

Chiedete di più alle vostre mani. Chiedetelo davvero. Vi sapranno ricompensare.

Buona Visione e Rivoluzione.

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Il Mondo

Voglio procedere a passi ampi ed intentati nel mio destino. Tracciare un sentiero inesplorato. Potrei contraddirmi, smentirmi. Non ho un’anima, ma mille. Lasciatemi essere le mie moltiloquenti sfumature, le mie policromatiche fantasmagorie. Preferisco mille volte il dubbio, lo scoramento, questo cuore in disequilibrio, l’inquietudine.

C’è molta più vita in un sogno frustrato, in un angelo caduto.

Su ogni chimera vanita, cade il silenzio. Ma da quel “voler essere”, da quel “sognare di più” così umano, troppo umano, si leva un grido di prometeico orgoglio.

Un giorno, mentre dormivo, il Mondo andò in frantumi. Ecco cosa feci, dei miei cocci.

Il Mondo (acrilico, tempera e pastello su carta, 50×70)

Diafane Essenze

“somewhere I have never travelled, gladly beyond
any experience, your eyes have their silence:
in your most frail gesture are things which enclose me,
or which I cannot touch because they are too near

your slightest look easily will unclose me
though I have closed myself as fingers,
you always open petal by petal myself as Spring opens
(touching skillfully, mysteriously) her first rose”

Edward Estlin Cummings

AnimErranti

Tra le mie più grandi fortune, quella di essere una sradicata. Quel dolore primigenio, tra solitudine e spaesamento, che il volgere del tempo ha mutato in ardente e febbrile anelito di libertà.

Libertà di sentirmi, di volta in volta, straniera e “a casa” ovunque.

Ecco perché, quale che sia la destinazione o la distanza,

il Viaggio. 

Quest’inesausta bramosia muove dalla coscienza che Casa altro non è che uno stato d’animo,

un Volto,

la Pagina che ho amato di più.

Esule senza rimpianto, porto con orgoglio le vestigia di un passato che non dimentico.

Che poi è come dire, di ogni dove, imparare a godere la bellezza: foss’anche per un istante, quanto basta per cogliervi una sfumatura, un’affinità, capace di restituire quel senso di “dimora perduta”.

Se non dovessi tornare,

sappiate che non sono mai

partito.

Il mio viaggiare

è stato tutto un restare

qua, dove non fui mai.

(…)

Se volete incontrarmi,

cercatemi dove non mi trovo.

Non so indicarvi altro luogo.”

(Giorgio Caproni, Biglietto lasciato prima di non andar via – Il Franco cacciatore, 1982)

Errabondo

“Ho lasciato una terra che non era la mia,
per un’altra che neppure lo è.
Mi sono rifugiato in un vocabolo d’inchiostro, avendo, come spazio, il libro;
parola di nessun luogo, essendo quella oscura del deserto.
Non mi sono coperto, la notte.
Non mi sono protetto dal sole.
Ho camminato nudo.
Da dove venissi, non aveva più importanza.
Dove mi recassi, non interessava a nessuno.
Vento, vi dico, vento.
E un po’ di sabbia nel vento.”

Edmond Jabès, Uno straniero con, sotto il braccio, un libro di piccolo formato

Ritratti di strada

Cercando volti, storie.
Cercandosi, trovarsi.

E scoprirsi, Straniero ovunque,
nel volto di un Altro.

Fermare il cuore a qualche angolo di strada,
dove il tempo ha smarrito la misura.

Inseguire volti senza nome, indugiarvi.
Raccoglierne la storia, o una ferita.

Un foglio, una matita.

E una chimera.

“Se il mondo fosse chiaro, l’arte non esisterebbe”
Albert Camus 

Cyrano

Una Vita imperfetta, paga delle proprie

stravaganze. Una Felicità

incompiuta

strabocchevole ed inesausta. Di là dalla quale c’è ancora qualcosa

da sognare.

Cos’è un Sogno, se non un modo altro per dire la vita di quelli che non hanno saputo vivere se non tra le pagine?

“Lo so bene che alla fine mi vincerete; non importa: io mi batto! Mi batto! Tetragono a ogni ricatto!

(Disegna immensi mulinelli e si ferma ansimando)”.

Edmond Rostand, Cyrano De Bergerac

“Io sono solo un povero cadetto di Guascogna, però non la sopporto

la gente che non sogna.”

Francesco Guccini, Cyrano
http://www.youtube.com/watch?v=T_wnAnIM3cw

Ridi, pagliaccio

Ogni forma di divertimento, o distrazione, è una diversione dall’essenziale, un modo per sottrarsi al pensiero di ciò che siamo.

Uscire da noi, arruolare corpo e mente nell’affannoso commercio col mondo. Non si può farne a meno.


In Aspettando Godot, Beckett fa dire a Estragone: “Troviamo sempre qualcosa vero, Didi, per darci l’impressione di esistere?”
Barattiamo il Tempo con “qualcosa da fare”,

rincorriamo chimere,

fiacchiamo e disperdiamo noi stessi in una moltitudine di attività che ci danno l’illusione di EsserCi.


Eterno sollazzo dell’uomo stanco di fermarsi, pensarsi.


Ché, talvolta, “stare”, chiede più fiato, più coraggio.
In ogni luogo, in ogni tempo, la dignità del nostro essere uomini si manifesta lontano dal tripudio della festa.
E’ nell’angusto spazio delle nostre stanze che riveliamo la verità di ciò che siamo.

Siamo realmente ciò che riusciamo ad essere nelle nostre solitudini.

Il resto, è una fanfara che imbastiamo per la piazza.

Tutta l’infelicità degli uomini proviene (…) dal non saper restare tranquilli in una camera” (B. Pascal, Pensieri)

Eppure, così distante dalla – eppure così simile alla – morte, anche la festa ha le sue ragioni: rammenta l’infinito possibile impigliato in carne e sangue e fibre; e che la carne, essa pure, ha diritto di gridare, saziarsi al banchetto delle vanità esplose.

Non arrendersi al nulla cui è votata.