Leggi qui (ma non è essenziale farlo e, anzi, ti suggerisco di lasciar perdere) Parte 1 e 2
Una sbronza colossale, una botta, una bella bevuta, un basso che seduce, un bastone che percuote al ritmo di un Be-bop-a-Lula scanzonato e serissimo.
Se dico “B”, se dico colossale e se dico scrittori, tutto nella stessa frase, cosa vi viene in mente?
Una “B”, anzi due, intendo. Bernhard e Bolaño.
B1 e B2, una volta per tutte, per intenderci da qui in avanti.
Non ho ancora finito di leggere né Estinzione né 2666 ma, si capisce, il vero scrittore sa lanciare nelle prime pagine tutto ciò che – stile e storia – approfondirà, preciserà e scioglierà nelle centinaia che seguono.
B1 è la prosa incalzante, il ritmo, la danza sfrenata e raffinata della voce narrante ossessionata e ossessionante. Una voce che ti afferra dilettandosi della presa implacabile e dilettandoti ti trascina per i capelli, ti sbatte contro il muro della sua, e della tua, nuda coscienza, da un pensiero ricorsivo all’altro, quel pensiero inconfessabile che tu stesso nutri e non vuoi esprimere e che questa voce si fa carico di esprimere al tuo posto.
Una voce che è insieme direttore d’orchestra e musica.
Non si fa scrupoli a gettarci nel caos, questa Voce. Capiamo che un po’ ci disprezza, un po’ ci crede inferiori, perché noi tutti siamo sicuramente, e bisogna che così ci sentiamo, dinnanzi a questa Voce: stupidi, inferiori. Oppure ci inorgogliremo sentendoci esattamente come lui: diversi dalla massa, superiori. In ogni caso, non se ne esce illesi.
Per sciogliermi dalla morsa di B1, mi concedo qualche balzo dentro 2666 di B2 e di nuovo la sbronza, la botta, la bevuta, il basso ma stavolta con meno bastone e più Be-bop-a-Lula. Prendiamo l’ironia, per eempio. B1 non ne è privo ma vola sempre alto con i contenuti mentre B2 ha questa capacità di sorprenderti tipica degli squinternati e degli scrittori sudamericani – che poi sono la stessa cosa – dicendonti che uno “cacava in un bagno orribile” subito dopo aver specificato che “Arcimboldi si rivide, giovane e povero, in una chambre de bonne”. Ammettiamolo, non ti aspettavi che uno nella chambre de bonne potesse “cacare”. La qualità di B2 è spiazzare, mescolare, oscillare tra alto e basso.
Anche B2, come B1, ama le ripetizioni, quel circuito iterativo di parole e di espressioni che non lascia scampo. La voce del narratore, nei suoi pensamenti e nelle sue ruminazioni incessanti, nei suoi spassosi sballottamenti, ti fagocita.
Cos’altro hanno in comune B1 e B2, affabulatori invincibili?
Sono guitti sulla pagina, hanno una presenza onnipervasiva, dominano la scena, si fanno notare sul piancito in cui si agitano una miriade di creature.
Entrambi sanno edificare impalcature mastodontiche in forma di romanzo-mondo. Fin da subito hai la sensazione che i personaggi esistano da sempre, dentro e fuori la pagina: che abbiano già una storia, e una vita, che li precede.
Curiosità da nulla: noto che entrambi parlano dell’Italia nei loro libri.
Leggere del mio paese nelle opere di scrittori che amo, in un periodo nel quale vorrei fuggire, mi aiuta a sopportarlo meglio, il mio paese. Mi aiuta a guardarlo, e guardarmi, con occhi stranieri.
Altro talento di B1 e B2 , come dei grandi in generale, è far aggallare nelle loro opere i libri degli altri in modo fluido, senza cadere in un forzato citazionismo. Quando si scrive è difficile far scorgere tracce di grandezza dietro alla propria “storia qualunque”: lo scrivente inesperto è uno che maneggia citazioni e riferimenti colti in modo maldestro, uno che infilerebbe frasi di Dostoevskij e Kafka alla rinfusa e in modo sgraziato solo per darsi un tono, per così dire.
La letteratura di oggi si confronta sempre con i giganti di ieri. Lo scrittore onesto sa di non aver inventato nulla e ammette – come direbbe David Bowie, per scivolare nel pop – “non sono originale. Sono un ladro di buon gusto”.
B1 e B2 sembrano darci continuamente lezioni di buon gusto.
Chi, nella propria scrittura, ha assorbito e rielaborato anni di letture, non ha bisogno di citare frasi dei maestri ma piuttosto lascia fluire sulla pagina il pensiero degli autori dei quali si è nutrito.
È qui che sta la differenza tra un dilettante e un gigante della scrittura.
(Seguirà parte 4, 5, 6, vedremo come – e se – andrà a finire)