A Mavara

È giunto il momento di non tacere. E’ già la terza volta che accade.

Tre, numero magico, mistico, profetico.

Tre, cantiche della Commedia.

Tre, Giona nella balena.

Tre, le Madonne. Persino Aldo, Giovanni e Giacomo, per dire. Tre.

Per tre volte è accaduto che qualcuno riemergesse dalle nebbie del mio passato, dopo dieci anni di silenzi e strade divise da chissà quali malintesi e incomprensioni, solo per dirmi cose come

“Avevi ragione.”

“Avevi capito già allora.”

“Me lo avevi detto.”

“È come se avessi visto prima quello che sarebbe accaduto.”

Ora, io non sono una da “te lo avevo detto” ma, nonostante la veneranda età, continuo a lasciarmi stupire dalle cose. Diciamo pure che le noto. Diciamo pure che le vedo meglio di altri, che metto insieme i pezzi. Non posso fare a meno di sorprendermi se qualcuno, mosso da non so quale empito, dopo anni di silenzi e distanze, mi cerca solo per dirmi queste parole.

Pur avendo una certa dimistichezza con morti e fantasmi, pur essendo avida lettrice di Poe, Shirley, Hoffman e compagnia cantante, non ho ancora capito come tutto ciò possa incidere sulla mia vita (perché su quella degli altri, a quanto pare, ha un peso). Sono certa però che inciderà sul Cosmo, Universo o comunque lo vogliate chiamare. Non vi spaventate, nulla di grave: non ci sono morti o fantasmi in questa storia (almeno credo).

In questo periodo, a causa dei singolari eventi dei quali vi narro, ripenso molto a mia Nonna, donna perduta spezzata sconfitta, e scrivo molto di Lei. Lei che in famiglia, e non solo, qualcuno chiamava “A mavara” (strega, fattucchiera, in siciliano). Rimasta nel limbo, impigliata nella ragnatela che Lei stessa ha tessuto per anni, morta in vita e che pure forse ancora vive. Su di Lei, due anni fa, in un momento di crollo shakerato con adrenalina, ho scritto un monologo potentissimo che tengo chiuso nel baule col catenaccio. Ho paura di rileggermi.

Oggi mi chiedo: chissà se lo era davvero, una strega? Chissà se potrebbe aiutarmi. Le scriverò una lettera, è così che si fa con i vivi che non puoi vedere o con i morti che si fanno sentire. Non so se sono una strega però non mi dispiace sapere che dove altri si fermano io vado oltre. Diciamo che mi piacerebbe saperne di più, su questa cosa, avere altri segni. La quarta e la quinta volta, magari arriviamo fino alla nona. Facciamo nove, numero perfetto.

Intanto, mentre i vivi ricompaiono come ombre dal passato per sussurrarmi all’orecchio “avevi ragione”, ripenso a come ho sempre accettato il rifiuto, l’incomprensione, persino lo sberleffo di certe persone. È bello, oggi, vedere tutto questo sotto una luce diversa: chissà, forse anche queste persone, semplicemente, non potevano vedere.

Sono qui comunque, aspetto.

Altri dieci anni e vediamo che succede.

In foto, nonna Angela, A Mavara.

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