I signori dell’Apocalisse. Parte Prima

L’uomo è, per sua natura, faber, artefice e costruttore.

Istintivamente portato a plasmare l’ambiente che lo circonda secondo le proprie esigenze, da quando è nato l’uomo ha cercato instancabilmente modi per non morire o, in mancanza di meglio, ritardare la propria morte.

Essere dotato di intelligenza, ha edificato un mondo popolato da artefatti intelligenti, sempre più sofisticati, volti a favorirne la sopravvivenza. 

I progressi scientifici e tecnologici (basti pensare al campo della medicina e alle sperimentazioni sull’Intelligenza Artificiale) sono forse la prova più possente della non accettazione della propria finitudine da parte dell’uomo e del tentativo di migliorare le proprie conoscenze su come combattere la morte.

Ma gli artefatti tecnologici sorti negli ultimi decenni, computer e internet, appaiono rivoluzionari rispetto a quelli che li hanno preceduti: a differenza degli altri, di natura squisitamente pratica (si pensi a una lavatrice o a un’automobile) essi assolvono a scopi conoscitivi e comunicativi. Ciò che rende il computer del tutto peculiare per potenzialità e conseguenze (alcune delle quali ancora ignote) è proprio la sua influenza sulla sfera cognitiva e culturale.

Se, per un istante, ci liberassimo dall’illusione antropocentrica con la quale siamo usi leggere il reale, ammetteremmo che il cyborg artificiale – creatura intelligente forgiata dall’intelligenza dell’uomo, ente disincarnato e sganciato dalla biologia – può essere considerato, nella catena del progresso, la naturale prosecuzione ed evoluzione dell’uomo.

Detto altrimenti, il cyborg naturale ha concepito un cyborg artificiale capace di superarlo.

Quali conseguenze ha tutto questo per l’umanità?

Va tutto bene. Andrà tutto bene. Dicono.

Fate un respiro, e proseguite.

Da quesiti di questa portata, che proverò a riassumere attingendo a piene mani dal lessico specifico del testo, parte la riflessione necessaria e quanto mai attuale sviluppata da Simone Belvedere nel saggio Mens Extensa. Illustri esperti hanno trattato una materia tanto complessa da risultare inaccessibile ai più, ed è qui che vengo al motivo di questa recensione.

Il dono prezioso che l’Autore fa a chi voglia immergersi nei meandri di questo testo è la fatica e la bellezza di sintetizzare in modo semplice e accurato secoli di riflessioni filosofiche su concetti quali anima, mente, corpo e le loro relazioni, fino ad arrivare alle più recenti indagini che intrecciano tecnologia, scienza e filosofia.

Sorprendendo persino me stessa, ho deciso di inaugurare la rubrica Rabdomanzie con un testo di saggistica e non di letteratura per un duplice motivo: da un lato, la fascinazione che le scienze cognitive esercitano su di me (in questo articolo la prova che non mento); dall’altro, il senso di eccitazione mista ad inquietudine che ha accompagnato la lettura di questo libro.

Provare un terremoto emotivo leggendo un saggio che parla di algoritmi, sistemi binari e Vita Artificiale, non è cosa da poco.

Io di computer non ne so molto eppure ho capito tutto: la sensazione è quella di essere stata presa per mano, accompagnata un passo alla volta da qualcuno che mi sussurrava all’orecchio: “ok, non è materia tua ma so che ti interessa, ti riguarda in quanto essere umano: è importante che, questa roba, tu la capisca. Ci penso io”.

Ecco, se un libro del genere mi ha appassionata come una pagina di letteratura o un film o io sono pazza o chi ha scritto ha fatto un ottimo lavoro. Entrambe le cose, certamente.

Proverò a condurvi nel viaggio senza dire tutto ma dicendo quanto mi serve per emozionarmi ancora, scrivendone. Altrimenti, che gusto c’è?

Consapevole del bagaglio, dividerò il viaggio in due tappe.

Partendo dall’antichità, planando a volo radente sui colossi della filosofia occidentale, Mens Extensa atterra con grazia sul XX secolo per affrontare il dialogo multidisciplinare instauratosi tra discipline scientifiche e filosofiche che trova forma compiuta nelle scienze cognitive.

Nate tra il 1950 e il 1960 le scienze cognitive sono la perfetta sintesi (della quale si sentiva davvero la mancanza) tra filosofia della mente, linguistica, intelligenza artificiale e neuroscienze. Avvalendosi del contributo di scienze e tecnologie, le scienze cognitive fanno in conti con il dualismo mente-corpo di cartesiana memoria che ha attraversato la storia del pensiero occidentale. Negli anni settanta si afferma una linea di pensiero definita funzionalismo computazionale: si parte dalla premessa che il computer è una macchina doppia: fisica in quanto hardware, non fisica in quanto software. Quest’ultimo, infatti, si basa su algoritmi che realizzano il programma, cioè “processi di trasformazione simbolica che non tengono conto dell’hardware e della fisica stessa, limitandosi a seguire le leggi della logica”. Alla luce della struttura della macchina-computer, emerge una metafora della mente come software implementabile da vari tipi di hardware: ed ecco che “i contenuti della mente riferiti al mondo esterno risultano spiegabili come processi computazionali”.

Il concetto di mente computazionale resiste fino alla fine del XX secolo ma è evidente come questa visione risenta ancora dell’antico dualismo mente-corpo.

Nel XXI secolo gli interrogativi sulla mente non trovano più risposte soddisfacenti in un simile dualismo che il sistema computazionale sembra ancora legittimare: una scienza cognitiva basata sul concetto di mente computazionale non considera infatti il cervello, e l’organismo in generale, che in nessun modo è divisibile dal concetto di mente. Negli ultimi anni si allontana la convinzione che le intelligenze artificiali possano aiutare a spiegare la mente umana: in primis perché mostrano “un’intelligenza diversa dalla nostra, per certi versi anche superiore, soprattutto per velocità e capacità di calcolo”; in secondo luogo, appunto, perché svincolano la mente dalla sua base materiale. Ricordiamo che nel computer software e hardware (parte fisica e non fisica) sono elementi scissi: non così nell’uomo.

Inoltre, i progressi nel campo della biologia hanno ridotto la distanza tra scienze biologiche e studio della mente e, contestualmente, le sempre più raffinate tecniche di neuroimmagine sviluppate dalle neuroscienze hanno permesso di approfondire i meccanismi che stanno alla base di fenomeni direttamente osservabili. Morale della favola: chi studia la mente oggi non può ignorare gli sviluppi della biologia e delle neuroscienze.

In che modo, allora, le tecnologie possono offrire risposte ai quesiti secolari sulla mente?

In una parola?

Simulazione.

I signori dell’Apocalisse, Parte Seconda

Libro recensito: Simone Belvedere, Mens Extensa, Lekton Edizioni, 2019 – Collana Skepsis

Tutti i virgolettati sono citazioni tratte dal libro o dagli autori in esso citati

In copertina: foto di Carmine Fotografie

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3 pensieri su “I signori dell’Apocalisse. Parte Prima

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