Mai più

“Io credo nel mio solo dio, Parola.

Sanguinante. Terrena. Umana, troppo umana.

Ci sono molti modi di vivere.

Io scelgo di non morire mai, eternarmi nell’istante che si frantuma appena si genera.

Se ho paura? Certo che ne ho.

Ho una paura fottuta di morire, più di quelli che lo gridano in continuazione mentre io dissimulo, per sopravvivergli.

Se ho paura? Certo che ne ho.

Rido.

E vivo ogni attimo come fosse l’ultimo, perché non esiste che questo, non ho che questo.

Io non sono di qui, non sono di nessun posto, e me ne andrò prima di sentire il peso dell’abbandono.

Lascia le cose prima che loro lascino te, ho letto da qualche parte.

Io non lascio niente: io nego e rifiuto ciò cui smetto di appartenere.

Se sono tornato è per non lasciare niente in sospeso.

Per dirlo, quello che ho da dire.

Per una volta, voglio concedermi il lusso di concludere.

Madre, perdona te stessa.

Padre, prenditi il tuo tempo.

Amici cari, prendete una macchia del mio inchiostro, prendetela e appendetela sul vostro cuore: una mia parola per ciascuno di voi, è già abbastanza…”

Quel giorno, A. uscì di casa per non rientrare più.

Mai più. Partì senza meta, lasciando dietro di sè

solo parole.

Nessuna azione conclusa, nessuna grande impresa, nessun gesto rivoluzionario per mutare le sorti del genere umano. Aveva riempito fogli bianchi di grandi promesse disattese.

In fondo, non gli era mai importato davvero di portare a termine qualcosa: aveva l’ansia di iniziare, era sedotto dalla fascinazione dei primi bagliori di ogni cosa. Ogni cosa voleva vederla, sentirla, assaggiarla, toccarla.

Una suggestione appena, senza mai goderne fino a saziarsi.

Chiuse la porta alle sue spalle e andò dove non era stato mai. Aveva consumato tutto l’inchiostro delle sue vene.

Quelle che leggete qui sono le sue ultime parole.

Non scrisse mai più, dopo aver lasciato la sua terra.

Nessuno seppe più nulla di lui.

Non scrisse mai più.

Forse era morto.

O forse, disse qualcuno, aveva cominciato a vivere.

Mai più.

(Immagine di copertina: Errabondo, acrilico su tela, 50 x 60)

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7 pensieri su “Mai più

  1. Alessandro Gianesini

    Errabondo: potrebbe essere un viaggiatore impenitente che perservera nel suo errare (che sia esso sbagliare o vagabondare) per raggiungere una destinazione a lui solo nota. O forse nemmeno a lui, ma che solo lui può trovare.

    Mi instilli poesia nelle dita ancor prima che nella mente, sai?

    Piace a 1 persona

      1. Alessandro Gianesini

        Riusciamo a leggerci solo nel momento in cui parliamo una lingua che, se non è uguale, almen si assomiglia.
        Grazie di farmi trovare tante parole incantate e incantevoli su cui gettare lo sguardo 🙂

        Piace a 1 persona

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