Non sarei niente, senza le mie incertezze.
La mia vita è un progetto costantemente eluso, deluso. È l’attesa trepidante per il finale di un’opera incompiuta. Frenesia d’essere Tutto, vertigine di non essere Nulla. Un gioco instancabile di vuoti e di pieni.
Avere un sogno. Temere di fallire. Peggio, temere d’aver successo.
Per vent’anni Millet lavorò ad una tela che raffigurava la stradina del suo paese d’origine. Non la portò a termine che due anni prima di morire. Non si arriva all’essenza di ciò che conta davvero se non dopo lungo e doloroso lavorìo interiore operato sull’anima dal tempo, dalle ferite che esso ci ha impresso. Dalle braccia che ci hanno stretto o respinto, dalle solitudini che abbiamo avuto il coraggio di affrontare. Solo al termine di questo viaggio, ciò che si cela nell’antro fondo del nostro essere si rivela. E solo allora ne abbiamo coscienza.
Nella vita, l’istante che estromette tutti gli altri, che seguono o precedono, è quello del dolore.